di Ilaria Di Croce - Direttore Quadrifor
Con l’avvento del digitale, ogni business può dirsi oggi in trasformazione. L’influenza dei processi digitali sulle attività aziendali non si limita più soltanto alle tecnologie, ma coinvolge l’insieme dei processi aziendali e la totalità delle persone che vi lavorano. Creando nuove sfide, ma anche grandi opportunità per imprese, lavoratori e manager.
A cambiare è innanzitutto il mondo del lavoro: in un mercato sempre più liquido e in evoluzione, cresce la richiesta di profili con competenze specialistiche, mentre si riduce la domanda di personale con competenze medie, che sono anche quelle più diffuse.
Il Covid-19 ha accelerato questa trasformazione, incrementando la necessità di formarsi per saper rispondere al cambiamento. A tutti i livelli, dal manager al middle manager fino ai compiti più operativi, è richiesto ai lavoratori di trasformarsi in figure “anfibie” tra fisico e digitale, capaci di inglobare competenze vecchie e nuove, a proprio agio con le tecnologie e con le persone.
Il mercato del lavoro cerca flessibilità, resilienza e permeabilità al cambiamento, persino quando si tratta del proprio ruolo o della propria mansione. Se il lavoro va verso forme ibride e promiscue, che riflettono l’incertezza del momento, il risvolto positivo è che dall’ibridazione possono nascere nuove e diverse forme di lavoro. È questa una delle maggiori potenzialità del digitale: la possibilità di lavorare in autonomia, di progettare, di gestirsi il tempo. Uno dei primi effetti della digital transformation è stata l’automatizzazione dei compiti più noiosi, ripetitivi e a minore valore aggiunto.
L’affrancamento delle persone dai compiti routinari porta con sé l’urgenza di nuova formazione: per riorganizzare i processi aziendali servono lavoratori preparati e in grado di svolgere compiti e mansioni a più alto valore aggiunto. Upskilling e reskilling sono diretta conseguenza dei cambiamenti organizzativi e della flessibilità richiesta alle persone.
La tecnologia digitale si sta rilevando utile anche per ridurre il gap generazionale in azienda, con le nuove generazioni chiamate ad aiutare i colleghi più maturi a familiarizzare con i nuovi strumenti. Perché sia reale e completa, la trasformazione richiede però anche un cambiamento di cultura organizzativa: parallelamente alla tecnologia, deve evolvere anche l’attitudine del lavoratore.
Oggi le competenze “invecchiano” rapidamente e il cambiamento tecnologico, costringendo a utilizzare strumenti e metodi sempre diversi, impone non solo di accrescere le competenze già possedute, ma anche di acquisirne di nuove. E non si tratta solo di competenze digitali: per essere agile e restare competitiva, l’azienda avrà sempre più bisogno di competenze “umane”, che non possono essere replicate dalle macchine.
Nel nuovo mondo del lavoro sarà importante soprattutto saper valorizzare il potenziale umano, a tutti i livelli dell’organizzazione, incoraggiando il problem solving, la capacità di comunicazione, l’abilità di muoversi in ambienti ibridi. La trasformazione digitale è quindi un’occasione anche per sviluppare le soft skill, richiedendo al lavoratore maggiore autonomia e responsabilizzazione.
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