di Giorgia Pacino
La Commissione europea ha proposto una nuova direttiva sulla rendicontazione delle “informazioni non finanziarie”, ovvero degli aspetti ambientali e sociali della vita delle aziende. Fino a oggi le aziende soggette all’obbligo di riportare dati non finanziari nel bilancio annuale sono soltanto le imprese quotate in borsa con più di 500 dipendenti.
Con la nuova norma, dal 2024 saranno tenute a rispettare i nuovi standard tutte le aziende quotate e quelle non quotate con più di 250 dipendenti e un bilancio annuale superiore ai 40 milioni. Le aziende europee che dovranno pubblicare le informazioni sulla sostenibilità passeranno da 11 mila a 49 mila, a cui si aggiungeranno le piccole e medie imprese che potranno adeguarsi su base volontaria al nuovo standard.
Nel breve termine le nuove regole comporteranno costi aggiuntivi per le aziende. Tuttavia, come ha sottolineato la Commissione europea, adottare sin da ora uno standard comune vuol dire anche prepararsi – e, quindi, risparmiare – per quando i requisiti di sostenibilità saranno richiesti sul mercato. E non stiamo parlando di un futuro lontano.
Per avere un futuro nel business, bisogna che il pianeta abbia un futuro.
All’estero da tempo la sostenibilità non è più considerata un costo per l’azienda, ma sempre più spesso è vista come un investimento. Alle imprese è chiesto di dimostrare piani di business coerenti con l’obiettivo di raggiungere entro il 2050 un’economia in cui produzione e rimozione delle emissioni di anidride carbonica siano almeno in equilibrio. In Italia sette aziende su dieci agiscono già per ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività.
Le trasformazioni in atto richiedono investimenti in tecnologie e formazione, ma impongono anche un cambiamento a livello di filosofia aziendale, per andare incontro alle richieste sempre più pressanti della clientela. Secondo una ricerca Ipsos, il 65% dei consumatori italiani considera la salvaguardia del pianeta il primo tema da affrontare oggi e il 71% è convinto che le aziende possano fare molto per la salvaguardia del pianeta.
Non sono elementi futuribili, ma impegni che i consumatori chiedono già oggi alle imprese e che stanno cambiando i modelli di consumo. La recente attenzione manifestata verso la sostenibilità non fa che confermare ciò che tutti i dati finanziari evidenziavano già da tempo: la transizione ecologica è un fattore competitivo decisivo.
Il passaggio alle tecnologie green e a un’economia circolare è la chiave per il futuro commerciale e la sopravvivenza stessa delle aziende. Superare la logica fossil fuel e investire sulle energie rinnovabili conviene e i numeri lo confermano. Secondo alcune ricerche, la differenza di performance tra aziende che considerano l’impatto dei combustibili fossili e altre che li ignorano è quasi del 100%. E l’impatto va ben oltre le (sole) risorse finanziarie.
Middle manager e collaboratori sono interessati al tema
È importante anche il coinvolgimento diretto dei dipendenti. Contrariamente a quanto si crede, le aziende che investono in sostenibilità hanno un ritorno economico misurabile non solo in termini di maggiori entrate, ma anche a livello di attrattività, engagement e retention dei dipendenti. Sostenibilità non è, infatti, soltanto sinonimo di green: un’azienda che voglia stare al passo con le nuove sensibilità, deve investire anche sulla sostenibilità sociale.
I due anni di pandemia hanno ridato centralità al tema del lavoro nei suoi risvolti più marcatamente sociali, oltre che economici. Le chiusure forzate, la cassa integrazione, i ristori, il lavoro da remoto hanno posto l’accento sul ruolo identitario che il lavoro ha nella società e per le persone. Riconoscere tale valore sociale significa restituire dignità individuale e collettiva al lavoro e mostrare attenzione verso i valori condivisi dalle persone che operano in azienda.
I middle manager, agendo come figure intermedie e di coordinamento, hanno imparato negli ultimi anni a cambiare il proprio approccio alla gestione dei team di lavoro, non solo perché hanno dovuto operare spesso da remoto, ma anche perché hanno sviluppato una sensibilità diversa sulle tematiche condivise dai membri del gruppo di lavoro. E la sostenibilità è una di queste.
Una posizione chiara nei confronti della sostenibilità ambientale, d’altronde, è una delle caratteristiche più ricercate dai candidati che si affacciano al mondo delle imprese in cerca di un impiego. I più giovani hanno una naturale tendenza a impegnarsi per ciò in cui credono e desiderano un lavoro che abbia un impatto positivo sulla società e sul lavoro. Sono attenti ai temi della sostenibilità sociale e ambientale e scelgono accuratamente i loro datori di lavoro, motivati dal desiderio di lavorare per un’organizzazione di cui condividono i valori.
Dove comincia la transizione?
Ma le aziende italiane sanno da dove cominciare per essere davvero sostenibili? Secondo le indagini più recenti, le pratiche più diffuse in materia sono il riciclo dei rifiuti, la riduzione dell’uso della plastica, l’utilizzo di software per ridurre il consumo di carta. Le aziende più lungimiranti hanno iniziato ad affiancare a queste attività più prettamente “pratiche” anche campagne per la promozione della diversità e dell’inclusione, in ottica di sostenibilità sociale.
Secondo la survey 2021 Millennial and Gen Z di Deloitte, per le giovani generazioni la dimensione valoriale riveste un ruolo decisivo nella ricerca del lavoro: capacità di inclusione e comportamento etico del datore di lavoro sono fattori importanti nella scelta dell’organizzazione in cui lavorare e nella costruzione di un rapporto di fiducia con il proprio management. Essere attenti alla sostenibilità significa anche stare al passo con l’evoluzione dei comportamenti sociali: diffusione degli acquisiti online, attenzione alle produzioni green, mobilità condivisa.
Per essere preparati sul tema e instaurare una relazione di fiducia con i collaboratori più giovani e meno giovani, i middle manager devono, quindi, acquisire anche loro competenze e conoscenze in materia di sostenibilità, per farsi sponsor del cambiamento e farlo recepire in azienda. Le parole chiave diventano “delega” e “fiducia”, ma anche “formazione”. Per convertire un’azienda alla sostenibilità servono capacità di problem solving e creative thinking, ma soprattutto voglia di cambiare e continuare ad apprendere.
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